Quello che non ha fatto il terremoto al Centro “LA LUCCIOLA” lo farà la ASL?

Modena, 3 gennaio 2017

La chiamano lettera aperta, noi oltre ad aprire la lettera cerchiamo di aprirvi il nostro cuore e di cercare qualcuno che possa darci spiegazioni del perché forse chiuderà il Centro per ragazzi con handicap “La Lucciola”.
Noi siamo i genitori di bambini e ragazzi autistici, down, ritardati mentali, con problemi comportamentali, ecc. Vi risparmiamo le nostre traversie personali perché ve le potete immaginare.
I nostri figli però, nel panorama delle persone con disabilità sono, a loro modo, dei privilegiati; un giorno qualcuno (spesso un altro genitore) ci ha detto che esisteva un centro dove la cura e la riabilitazione venivano fatte in un modo speciale. I nostri ragazzi potevano andare per diverse ore in un centro con personale, ci teniamo a dirlo, altamente specializzato. Un posto in cui ci si occupa di animali, di cucina, di orto, studiare, praticare sport ... e nel mentre si fanno le terapie.

Bello, no? NO!

In realtà lo era, perché ci è giunta la notizia che forse La Lucciola chiuderà. 
Con gli anni sono stati inviati dalla ASL sempre meno bambini e ragazzi, sia a causa di una norma regionale che impone di aspettare almeno gli 11 anni, sia perché con il passare del tempo, pur essendoci un aumento dei minori con handicap, sempre meno ne sono stati inviati alla Lucciola. Molti di noi hanno inserito i propri figli da piccoli ed i miglioramenti sono iniziati presto. Ci dicono in tutti i campi che la riabilitazione prima viene fatta e più aumenta la possibilità di ottenere risultati. Per i nostri ragazzi ora si può aspettare?

Questo discorso riguarda tutti i genitori nella nostra situazione, non solo noi. Occorre impegnarsi anche per la cura degli altri bambini, non solo quelli già nati, ma che arriveranno domani.

Ci chiediamo anche a quanti genitori con i problemi sopracitati sia stata offerta la possibilità di frequentare il Centro. Questo posto per molti sarebbe un luogo in cui vengono sposati i bisogni dei propri figli con la professionalità senza camici bianchi in vista. Neuropsichiatra infantile, psicologi, riabilitatori con diverse specializzazioni, educatori professionali forniscono un impegno completo. 
Certo che tante ore al giorno non possono costare come 45 minuti alla settimana e allora ci viene il dubbio che l’inaridimento degli invii sia anche frutto di un campagna al risparmio sulla pelle di chi già non è stato molto fortunato. Speriamo ovviamente che questo non sia vero, perché altrimenti ci verrebbe da dire che ciò che non ha distrutto il terremoto a La Lucciola verrà distrutto dalla voglia di risparmio di qualcuno. Forse l’idea che invece sta dietro è quella che alla fine non vale la pena investire sui bambini con problemi cronici? Dall’essere down non si guarisce, a che scopo allora investire tanto tempo e fatica? Questo non vale solo per La Lucciola ma anche per i servizi di neuropsichiatria infantile in cui si sono allungati i tempi d’attesa per cominciare la riabilitazione. Investire sui nostri ragazzi handicappati in generale a che serve? Ve lo diciamo noi. Serve a farli stare meglio, a dare loro possibilità di un futuro meno pesante, a metter loro a disposizione strumenti per la vita, insomma ad aver meno rabbia, confusione e paura. Noi siamo testimoni del fatto che per ottenere questo occorrono anni di cure e situazioni stimolanti ed emozionanti.

 A volte ci è stato detto che è la scuola che deve farsi carico dei nostri figli. La scuola è un luogo importantissimo, ma che noi si sappia, non è un centro di riabilitazione.

Noi tutti genitori ci riconosciamo nelle parole della mamma di D.: “Mi chiamo Monica, sono la mamma di D., un ragazzino autistico di 11 anni che frequenta La Lucciola da quando ne aveva 4. Ho conosciuto il Centro attraverso la mamma di una ragazzina che lo frequentava. D. a due anni ha cominciato a non parlare più, a non guardare più in viso. Ci siamo rivolti alla neuropsichiatria dove hanno fatto la diagnosi di autismo infantile. D. una volta alla settimana andava in una stanza con un educatore, ma dalla stanza uscivano solo le sue urla. Io ero disperata, non riuscivo a gestirlo, non uscivamo più perché lui, fuori, faceva crisi spaventose. Se c’era rumore, si buttava per terra e dovevamo venire via. Quando ha cominciato a frequentare La Lucciola, D. ha imparato, coi suoi tempi, a stare in mezzo agli altri, a diventare autonomo. Io dovevo lavarlo, vestirlo, dargli da mangiare. Alla Lucciola ha imparato a fare da solo. Con la neuropsichiatria ho dovuto insistere io perché mandassero D. alla Lucciola. Quando ha iniziato la scuola, la sua insegnante, che non sapeva come comportarsi con lui, è andata a parlare con gli operatori del Centro e da 5 anni c’è una collaborazione stupenda. D. alla Lucciola si è fatto degli amici, cosa per un ragazzino autistico poco probabile. A scuola, no.

Come avete visto, alla fine questa non è quasi nemmeno una lettera, ci sono solo domande e tanta paura e ansia sul futuro nostro, ma soprattutto loro.
I genitori con figli con handicap hanno tutti paura di morire. Viviamo con l’ansia del “se ci succederà qualcosa cosa gli o le accadrà?” Ci basta questo di pensiero, per favore, non datecene altri.

I genitori del Centro “LA LUCCIOLA”